Passando di villaggio in villaggio, in Mali, si possono ammirare le pitture rupestri che testimoniano la ricca creatività figurativa di questo popolo, caratterizzato da una filosofia di vita e religione molto complesse: un’etnia che ha mantenuto la propria identità e la propria religione animista. Timbuktu, un tempo città ricca ma irraggiungibile, considerata da sempre un luogo inaccessibile ai confini del mondo, non è semplicemente un posto da visitare ma un vero e proprio luogo dell’anima.

Ai confini del deserto, costruita sul mistero, sul sogno, è un insieme di sensazioni che difficilmente possono essere raccontate.

All’interno della città l’atmosfera è calma con donne avvolte nei loro boubous dai colori vivaci.

Percorrendo le strette vie si possono ammirare le belle e antiche abitazioni costruite con argilla cruda.

Queste abitazioni sono circondate da mura con porte bellissime, intarsiate dai falegnami songhai e con meravigliose decorazioni in alluminio.

Tutto questo ci fa comprendere perché Timbuctù nel XVI secolo, quando era al culmine della sua fama, era chiamata “la città dell’oro”.

La città di Djennè, invece, è interamente costruita in “banko”, una mistura di fango, pula di riso, paglia tritata e burro di karatè.

Qui si trova l’imponente “Grande Moschea” ai piedi della quale si svolge uno dei mercati più eterogenei, variopinti ed affascinanti del mondo.